Sabato 17 Febbraio, il Meic di Vercelli (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) ha organizzato un interessante incontro dal titolo: “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia. Alla ricerca di una giustizia più alta”.
Sono convinto che appuntamenti di questo tipo siano uno strumento importante per crescere come cittadini e come essere umani.
Accanto al prof. Maurizio Ambrosini, che ha introdotto il convegno, sono intervenuti don Virginio Colmegna, presidente della fondazione “Casa della carità” di Milano e Il prof. Nando dalla Chiesa, docente all’università Statale di Milano.
Da un lato il punto di vista di un religioso, quello di un uomo che ha fatto della carità la propria missione.
Dall’altra parte la prospettiva laica di chi ha ricevuto in eredità un concetto di giustizia importante, quello del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, simbolo di grande abnegazione a un ideale ed estremo sacrificio per esso.
Due esempi, due esperienze, due prospettive che tra loro si intersecano e vicendevolmente si nutrono, l’un l’altra.
Giustizia è carità, è responsabilità, è donarsi al prossimo, è raccogliere il racconto di chi ha subito ingiustizia e partecipare del suo dolore; questa è la tesi di don Virginio Colmegna che sposa la filosofia di Emmanuel Lévinas, da lui stesso menzionato durante il suo intervento.
Nando dalla Chiesa cita le madri di Plaza de Mayo, l’associazione delle madri dei desaparecidos argentini, e l’esperienza dei parenti dei desaparecidos in Messico, dove i narcotrafficanti decidono della vita e della morte di chiunque sul territorio, spesso con la connivenza delle autorità statali.
È l’esperienza dei cittadini di Casal di Principe e di tutte le persone di quei luoghi laddove la criminalità organizzata cresce e prospera come un tumore, come un cancro interno al tessuto della società civile.
È la storia dei più deboli che uniti si tramutano in un’arma invincibile.
In tal senso assume un significato importante il fatto che l’università Statale di Milano abbia da poco conferito la laurea in Relazioni Internazionali a Vera Jarach, Estela de Carlotto e Yolanda Isais; tre donne che, come recita la delibera del Senato accademico: “rappresentano in maniera particolarmente significativa i movimenti nati in Argentina e in seguito in Messico per i diritti delle vittime delle sparizioni forzate e che sono testimonianza di un instancabile impegno in difesa dei diritti umani e nella ricerca della verità e della giustizia”.